Il 25 Ottobre del 1973 era stato tutto il giorno nuvoloso, nessuno poteva immaginare cosa sarebbe avvenuto dal tardo pomeriggio e nei giorni successivi. Erano circa le ore 16,00 quando il cielo si incupì a tal punto da anticipare il buio del tramonto ancora da venire. La pioggia e il vento andarono, via, via, sempre più a crescere di intensità fino a trasformarsi in un vero e proprio nubifragio di particolare violenza, fenomeno tanto raro in terra siciliana, quanto inatteso. Allora purtroppo non c’era ancora internet né ilmeteo.it ed i mezzi di previsione del tempo erano materia esclusiva degli addetti ai lavori che, peraltro, potevano contare su supporti statistici e modelli matematici ben diversi da quelli di oggi.
Ricordo molto bene di aver avuto il presentimento che potesse trattarsi di un evento meteorologico eccezionale, ed infatti, istintivamente e con certo anticipo, mi affrettai in Corso Pisani a prendere l’autobus n. 4 col quale raggiunsi Anna Maria (la mia ragazza e futura moglie) al suo posto di lavoro in Piazza Strauss, dalle parti di Via Notarbartolo.
Facendole anticipare l’orario d’uscita e riparandoci dalla pioggia copiosa con un ombrello, alla meno peggio, corremmo a prendere lo stesso autobus della linea 4 di ritorno. Nel frattempo si era alzato anche un forte vento e la pioggia già forte era diventata ancor più intensa. Ogni strada si era trasformata in un torrente in piena, le molte auto che rimanevano in panne contribuivano a paralizzare sempre più il traffico cittadino, ed intanto continuavano pioggia e vento come non mai.
Quando, dopo qualche ora, finalmente arrivammo alla nostra fermata, Corso Pisani era diventato un vero fiume che trascinava nel suo impeto ogni tipo di oggetto. Il conduttore del mezzo, preoccupato che potessimo finire travolti dalla corrente, si portò all’inizio di Via Trasselli e ci fece scendere in un punto in cui l’altezza e la forza dell’acqua risultavano più accettabili. Inutile dire che per percorrere quei 200 metri fino a casa, peraltro senza più l’ombrello che era stato disfatto dal forte vento, arrivammo talmente bagnati da sembrare dei naufraghi giunti sulla terraferma.
Delle gravi conseguenze provocate da quel nubifragio in quel tardo pomeriggio di giovedì 25 ottobre 1973 e nella notte successiva, venimmo a conoscenza soltanto il giorno dopo dai telegiornali Rai.
Palermo era stata colpita soprattutto nella sua parte più vitale, il Porto ed i Cantieri Navali. In quella tragica nottata il barometro segnava appena 500 millibar e il mare di Grecale aveva assunto forza 10 e con la sua potenza aveva travolto e sbriciolata gran parte della diga foranea che era letteralmente scomparsa nelle acque. Le ondate, altissime, senza più tale ostacolo si riversarono anche nelle strade della città per qualche migliaio di metri andandosi a scontrare con la corrente opposta dei fiumi d’acqua creati dalla violenta e persistente pioggia.
Le opere marittime danneggiate erano numerosi. Oltre che alla vecchia diga foranea concepita negli anni ’20, realizzata all’incirca dieci anni dopo e che oltretutto aveva già sopportato i terribili bombardamenti del 1943, i danni più gravi erano stati assestati ai bacini di carenaggio.
La vista del porto di Palermo nei giorni successivi era impressionante. Il bacino di carenaggio di maggior dimensione (52 mila tonnellate di spinta) risultava incagliato sul fondo con tutta la nave petroliera Texaco Westminster a sua volta incagliata all’interno dello stesso bacino.
ltro bacino di carenaggio era andato anch’esso a spasso per il porto e con tutta la nave “Ferngulf Oslo”, in balia del vento, era finito rovesciato su un lato a ridosso de molo S. Lucia.
Oltre a questi danni ai bacini di carenaggio, i cantieri palermitani ne subirono altri, quali l ‘affondamento di un pontone di 25 tonnellate, la disintegrazione di circa metà di un molo di attracco per navi in riparazione, la perdita di alcune gru elettriche di varia portata e l’affondamento di una barca-porta del bacino in muratura. Diversi navigli risultavano gravemente danneggiati e alcuni addirittura affondati, rendendo il porto del tutto inagibile.
Il 29 ottobre 1973 dalle Capitanerie di Porto dell’isola giungevano gli aggiornamento dei danni.
Nel compartimento di Palermo, oltre ai danni citati, risultavano danneggiati 25 motopescherecci, 360 motobarche e 35 barche da pesca. Nel compartimento di Messina erano andate distrutte 12 barche da pesca e danneggiate altre 70. Nel compartimento di Trapani era stata distrutta una barca da pesca e tre risultavano gravemente. Inoltre giungeva notizia che le mareggiate avevano danneggiato anche la marina peschereccia della località di Locri, in Calabria.
In quei giorni i collegamenti navali Palermo-Napoli-Palermo della Tirrenia furono tutti spostati nel porto di Trapani, non senza disagi in quanto il porto di Trapani consentiva le manovre soltanto a navi di più piccola dimensione rispetto a quelle che venivano utilizzate per Palermo. Anche il collegamento settimanale con Tunisi fu spostato sul porto di Trapani. Si cercò di garantire partenze e arrivi a Palermo almeno per i collegamenti con Ustica, tuttavia al primo tentativo effettuato la motonave Canaletto di 480 tonnellate, nel rientrare a Palermo, dovette registrare un danno all’elica e pertanto fu deciso di dirottare su Trapani anche quei collegamenti, fino a quando il porto di Palermo non fu reso agibile.
Ci fosse stata ancora Nonna Peppina, sicuramente avrebbe recitato il suo rimedio contro il pauroso forte temporale con raffiche di vento che imprimevano alla pioggia quelle tipiche sferzate, violente come la coda agitata da un drago.
METODO DI NONNA PEPPINA “PI’ TAGGHIARI LA DRAUNARA”:
A nomi du Patri, du Figghiu e du Spiritu Santu,
tagghiati cura e mèttiti di cantu!
Iu ti tàgghiu e ti ritàgghiu cu un cutiddràzzu di mànicu biancu.
E sta cura sia tagghiàta dunni c’è arma vattiàta.
U lùnniri è santu,
U màrtiri è santu,
U mèrcuri è santu,
U jòviri è santu,
U vènniri è santu,
U sàbatu è santu,
Duminica di Pasqua, stà cura nterra casca.
E pi lu nnomu di Maria, sta cura tagghiàta sia.
E stà cura di ddragu nterra cari.
TRADUZIONE:
Metodo di Nonna Peppina “Per tagliare la Coda di Drago”:
In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, tagliati coda e mettiti da parte!
Io ti taglio e ti ritaglio con un coltellaccio dal manico bianco.
Questa coda sia tagliata ovunque sia anima battezzata.
Lunedì è santo,
Martedì è santo,
Mercoledì è santo,
Giovedì è santo,
Venerdì è santo,
Il Sabato è santo,
La Domenica di Pasqua, questa coda in terra casca.
E nel nome di Maria, questa coda tagliata sia.
E la coda di drago cade per terra.
Nino Badalamenti 25 Ottobre 2014
Aggiornamento 23 Agosto 2015
Grazie al Dott. Carlo Orlando, autore del libro “25 Ottobre 1973 – La tragedia dimenticata del porto di Palermo”, che qualche giorno fa mi ha contattato per segnalarmi il nome dell’autore di alcune delle immagini del porto di Palermo, finalmente ho potuto indicare il nome della persona che ha effettuato alcune delle bellissime fotografie. Si tratta del fotografo Gaggioli, che effettuò le riprese il 26 ottobre 1973, tra le 12 e le 13,30 da un piccolo Piper dell’aero club Beppe Albanese di Palermo.
Il Gaggioli in quell’occasione si trovava col giornalista Nicola Volpes, quest’ultimo organizzatore di quel volo essendo appassionato di aerei ed amico di molti piloti palermitani di quel periodo.
Nino Badalamenti
grazie al reporter x avermi postato queste foto che avevo già visto e sofferto sulla propria pelle e mi ha fatto maggiormente rendere conto di che cosa ci ha investiti col rimorchiatore vigore eravamo tornati dal Pireo a rubare un traghetto finito in sequestro insieme al cantiere ed in un blitz lo abbiamo portato a Napoli e poi andare a trapani a far bacino ma i
una volta arrivati in banchina a 10 metri ci gridano col megafono di dirottare su Palermo che cera bisogno dei nostri servizi e cosi strutti e stanchi riprendiamo il viaggi questo era di notte arriviamo e cercavamo la diga x entrare ma non cera aspettammo un po’ di luce dell’alba e cosi rirendemmo conto della situazione che cera nel porto tuttora ricordo ogni ora e momento passato a Palermo nel porto martoriato e penso di essere qualcuno dei pochi di quella squadra di pirati che ancora respira 5 o 6 colleghi non ci sono più se non di più saluti e grazie al reporter x le foto avrei voluto non fosse successo quella tempesta mi ha fatto da icona in 30 anni del mio lavoro quando mi trovavo in mezzo ad altre le confrontavo con quella di Palermo e mi facevo coraggio se ho superato quella questa e un bicchiere d’acqua e così via scusate se vi ho annoiati con questo racconto saluti finalmente dopo tanti anni qualcuno si e ricordato della tempesta x farla conoscere anche a chi non lo sapeva
Sig. Corrado Armerino, la Sua è una testimonianza bellissima. A nome di ogni palermitano e di tutta la gente di mare del porto di Palermo desidero ringraziarLa per come Lei, con i Suoi amici e colleghi vi siete prodigati per dare aiuto in quel triste avvenimento. La pregherei qualora avesse delle fotografie o magari volesse dare altre notizie sugli avvenimenti di quei giorni, di farmeli eventualmente pervenire al seguente indirizzo: nino.badalamenti@virgilio.it
Grazie ancora per l’apprezzamento che va soprattutto agli autori delle fotografie.
Cordiali saluti
Nino Badalamenti
speravo guardando le foto speravo vi fosse anche il vigore a conferma della nostra presenza in loco ma non la ho trovata il 28 eravamo in porto come mai non siamo stati incatramati anche noi
Sig. Corrado Armerino, devo dirle che per trovare le fotografie che ha visto ci sono voluti giorni di ricerche. Purtroppo non sono stato in grado di recuperare fotografie del rimorchiatore Vigore a Palermo in quei giorni.
Cordialmente
Nino Badalamenti
Quel drammatico giorno ha toccato personalmente mio padre e la nostra famiglia.
In quel porto al molo sammuzzo mio padre aveva un attività imprenditoriale con navi gru e attrezzature varie che in quella tragica giornata andarono a fondo portando con sé oltre 30 anni di attività. E per poco mio padre ci rimetteva pure la vita nel tentativo di salvare dalla falla una delle sue imbarcazioni. Tutto questo a causa della mancata manutenzione della diga forse lesionata dai bombardamenti della guerra e mai revisionata. Si sarebbe potuto evitare tutto questo . E come succedeva Italia non sono state attribuite responsabilità a nessuna delle autorità competenti del tempo.
Grazie per il commento che ha voluto lasciare Sig. Nino. Quelli del 25 ottobre 1973, furono momenti di angoscia per per Palermo e per tutti i palermitani. Comprendo che per la Sua famiglia deve essere stato un colpo molto duro. E purtroppo, come del resto ancora oggi, mai nessuno paga per le sue responsabilità. Un cordiale saluto.
Quel drammatico giorno ha segnato personalmente la vita di mio padre e della nostra famiglia in quanto mio padre in poche ore a seguiIto di quel drammatico nubifragio ha visto svanire 30 anni di attività imprenditoriale con l’affondamento del imbarcazioni e delle attrezzature. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare se le autorità competenti avessero messo in sicurezza la diga foranea lesionata dai bombardamenti dell’ultima guerra.
Quel giorno, io, come tanti altri ragazzi che faceva vela e regate con le barche ormeggiate alla Canottieri e alla Cala, corremmo per capire cosa succedeva e vedere se c’era da aiutare a rinforzare gli ormeggi. Non dimenticherò mai la vista della cala che ribolliva come un pentolone da saba infernale, il pulviscolo d’acqua che non ti consentiva di tenere gli occhi aperti e il rumore assordante del metallo che sbatteva, nel buio, senza vedere nulla. Purtroppo rimasero a galla pochissime barche a vela della nostra flotta palermitana e, subito dopo, cominciarono gli sciacalli, che rubarono dalle barche sommerse tutto il rubanile, dalle vele alle ancore, dalle bussole agli attrezzi. Fu un momento tristissimo.
Gent.ma Geraldina Piazza,
Grazie per la Sua preziosa testimonianza che da, a chi si troverà a leggere di quegli avvenimenti, una visione ancora più reale della tragedia che fu quel triste evento per Palermo.
Cordialmente.
Ha quel tempo ero nella marina militare alla capitaneria di porto,fu una notte tremenda.mi ricordo ché lavoriamo senza sosta in quella notte e i giorni seguenti.
Da quel ricordo mi ha causato la fobia,
Ma il bel ricordo accogliente dei palermitani verso i marinai.
Grazie per la Sua gradita testimonianza Sig. Mango.
Cordiali saluti.
Salve, la ringrazio per questa bellissima pagina, il suo articolo ricco di testimonianze fotografiche, mi ha riportati intatti i ricordi di infanzia. Una domanda, non trovo nessun accenno ad una imbarcazione che ricordo fosse affondata, mi riferisco al traghetto Palermo Ustica. Oppure era quella motonave Egadi che si vede in foto?
Grazie, cordiali saluti.
Buongiorno,
nel ringraziarla per il suo apprezzamento, le confermo che i suoi ricordi sono esatti. Allora i collegamenti marittimi con l’isola di Ustica era garantiti dalle motonavi Nuova Ustica e Nuova Egadi, dalle cronache di quei giorni risulta che la Nuova Ustica era affondata, mentre la Nuova Egadi, ancorché gravemente danneggiata e alla deriva verso il largo, sarebbe stata recuperata e messa in sicurezza alla banchina. Quest’ultima è riportata in due immagini che se desidera può osservare meglio ingrandendole.
Cordiali saluti.
Ah! Ricordavo bene allora. La ringrazio ancora e le rinnovo i miei complimenti per la preparazione sull’argomento.
Io abitavo in via P.pe di Belmonte a due passi dal Porto. Quel pomeriggio si fece improvvisamente buio, si sollevò un vento fortissimo e piovve. Dal terrazzo di casa mia normalmente si vedeva una piccola parte del Porto con la diga foranea, ma quel pomeriggio non c’era visibilità, si sentiva soltanto l’assordante e disperato suono delle sirene delle navi che chiedevano aiuto e/o segnalavano la loro presenza.
L’indomani mattina dal terrazzo si vedeva solo il mare aperto, la diga foranea era sparita Non c’era più il porto.
Grazie per la Sua testimonianza. Peccato che allora non avessimo a disposizione gli smartphon, chissà quante e quali immagini di quella triste tragedia avremmo potuto raccogliere.
Cordiali saluti.